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Gabriele Basilico, Luigi Ghirri, Ferdinando Scianna. Tre modi diversi di costruire immaginari unici attraverso l’arte della fotografia. Mario Calabresi analizza tre sensibilità peculiari, accumunate dalla capacità di restituire la bellezza malinconica di un’Italia del passato, ancora oggi vivida ed emozionante.

Giuseppe Penone ripercorre i primi passi della GAM, ribadendo la centralità del museo nel panorama artistico torinese. Le prime mostre alle quali ha assistito, la comunità di artisti che caratterizzava la città, la realizzazione dell’iconico portale, che ancora oggi si staglia sul piazzale d’ingresso della Galleria Civica di Arte Moderna di Torino.

“Sacco” del 1952 di Alberto Burri è una rivoluzione rispetto all’arte italiana e internazionale del secondo dopoguerra: la proposta della pittura incorpora sulla tela altre tele, mostrando il trauma della pittura.
Riccardo Passoni, direttore della GAM, ci porta alla scoperta di quest’opera.

Se il rimando visivo immediato è quello all’astrattismo geometrico, in realtà “Google search imaged refugees boat” ci porta su tutto un altro piano: racconta del gesto quotidiano della ricerca online e della cronaca che ci abitua a subire passivamente le immagini, mentre Luca Bertolo, con la sua opera, cerca di restituirci la forza tragica dell’immagine che ormai abbiamo perso. Elena Volpato, conservatore della collezione di arte contemporanea della GAM, ci propone i diversi gradi di lettura di questa tela.

La pittura di paesaggio che si fa proiezione psicologica: è quello che succede in “Novembre”. Antonio Fontanesi crea una risonanza tra la bellezza della natura e lo stato d’animo, fondendo la tradizione della pittura dal vero con la creazione di un paesaggio ideale. 
Scopriamo quest’opera suggestiva guidati da Virginia Bertone, conservatore capo delle collezioni dell’Ottocento della GAM.

“La nudità va coperta, deve vestirsi perché sta per uscire per andare nel mondo degli altri e gli altri devono poterlo riconoscere”.  La GAM ospita Portrait Relief of Claude Pascal. L’opera mette in mostra tutti i difetti e le caratteristiche del corpo umano attraverso la rappresentazione del corpo nudo dell’amico compositore francese. “Un uomo solo” di Christopher Isherwood del 1964 è anch’esso ispirato ad un amico, allo scrittore Gore Vidal, idealmente messo a nudo attraverso la ricerca, la perdita, l’analisi, la riscoperta, la rinascita, la voglia di buttarsi e lo sconforto che tormentano la vita del professor George. Se la liberazione per Klein è rappresentata dall’oro, dalla trasmutazione alchemica della materia che tende al raggiungimento dell’eternità, per il narratore inglese la libertà va ricercata all’interno della bellezza e del mistero della notte.

“I terrestri devono essere il terrore dell’universo. Se per ora altri pianeti non sono minacciati dalla terra, presto lo saranno”. Vonnegut raccoglie e taglia i pezzi di umanità consunti per suturarli e incollarli per sempre dentro le pagine di Mattatoio n.5. Allo stesso modo Alberto Burri con Sacco rende omaggio ai materiali di recupero per restituire vita a ogni frammento che qualcun altro ha distrutto.

“E mi affondava la testa nel petto, cercandomi i capezzoli o il battito del cuore. E’ questo che voglio succhiarti, mi disse una notte. Che cosa? Il cuore”. Dentro la violenza romantica del linguaggio di Bolaño risiedono una dimensione e un tempo ideali per rappresentare “Le Baiser” di Francis Picabia. Parole pungenti come pennellate repentine sono in grado di delineare l’emozionalità ruvida, priva di stile, di eleganza, di decoro dei personaggi rappresentati, e una passionalità travolgente, a tratti inconsapevole, è in grado di fondere i due racconti in un’unica storia.